Turismo e spopolamento dei borghi di montagna

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In Italia sono sette su dieci – 5.991 per l’esattezza – i paesi con meno di cinquemila abitanti, dove vivono ancora dieci milioni di italiani. Molti di questi sono paesi di montagna, accomunati da una serie di trend negativi, primo tra tutti quello dello spopolamento: l’Italia sta diventando infatti sempre meno “rurale”, anche se, in piccola controtendenza, c’è anche chi decide di farvi ritorno. Come si inserisce in questo il turismo? Vediamolo insieme.

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Lo spopolamento dei borghi di montagna in cifre

Scuole accorpate per mancanza di alunni, reparti ospedalieri costretti a chiudere per far quadrare i bilanci,  mancanza di servizi e infrastrutture, dissesti idro-geologici, distanze geografiche che costringono a macinare km e ingorghi per raggiungere i luoghi di lavoro, attività commerciali che alzano bandiera bianca: se negli ultimi sessant’anni la popolazione italiana ha visto un incremento complessivo di 12 milioni di unità, i paesi di montagna hanno perso 900.000 abitanti (tantissimi se si pensa che si parla di piccoli borghi).

Borgo_Succiso_Emilia_Romagna

I piccoli borghi di montagna si sono svuotati negli ultimi decenni e continuano a farlo, schiacciati dalle comodità offerte dai centri urbani, con un pesante danno in termini di storia e patrimonio culturale: sono infatti i piccoli borghi di montagna da sempre gli scrigni delle tradizioni popolari, i luoghi in cui si tramandano dialetti e storie antiche, ricette tradizionali e prodotti tipici.

Il gap tra la montagna e la città è abissale in termini di servizi: perché allora rimanere e vivere tra continui disagi e disservizi, quando ci si può avvicinare alla città e goderne di tutti i vantaggi?

Borgo_Nulvi_Sassari_Sardegna

Spopolamento dei borghi e contro-esodo

Per correre in aiuto allo spopolamento dei borghi, a ottobre 2017 è stata approvata la cosiddetta “Legge salva borghi”, che prevede finanziamenti di 100 milioni fino al 2023 per sistemazione di scuole, ottimizzazione dei servizi locali, riassesto delle strade, interventi contro il dissesto geologico, recupero di edifici in abbandono e loro eventuale conversione in strutture turistiche.

Le risorse messe a disposizione non sono  di certo sufficienti per il recupero di tutti i borghi montani italiani, ma sono un primo passo importante nella direzione giusta, che va di pari passo con una curiosa controtendenza: la scelta, da parte di un numero sempre crescente di persone, di abbandonare le città per fare ritorno nei piccoli borghi.

Secondo i dati dell’Anci, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani, è in atto un piccolo contro-esodo: da un dossier risulta che, nel periodo tra il 2008 e il 2015, 581 piccoli comuni italiani sono riusciti a invertire la tendenza demografica andando ad aumentare il numero dei propri abitanti del 9 per cento.

C’è infatti chi, stanco del carico lavorativo o di una qualità della vita non soddisfacente, decide di abbandonare la città per tornare nei piccoli borghi e riappropriarsi di una dimensione più umana, ritmi più lenti e standard di vita più alti. Spesso e volentieri i progetti di chi torna a vivere nei piccoli borghi fanno rima con cultura e turismo ambientale.

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Il turismo in aiuto allo spopolamento dei borghi

È il caso di Ostana, un centro di montagna in Piemonte, rimasto con cinque abitanti alla fine della guerra, ora ne conta 50, un agriturismo, un ristorante, un albergo diffuso, e centinaia di visitatori ogni weekend; oppure Nughedu Santa Vittoria, in Sardegna, che ha deciso di creare un “ristorante diffuso”, permettendo ai turisti di pranzare o cenare direttamente nelle case dei locali; o Succiso, sull’Appennino emiliano, il primo paese cooperativa in Italia, che comprende anche un ristorante e un hotel, e che ospita 15mila turisti all’anno; o il caso di Nulvi, sempre in Sardegna, che ha proposto di vendere vecchie case a un euro (già tentato da altri ma senza successo), ricevendo migliaia di richieste da tutto il mondo.

Corna_Imagna_Ca_Berizzi

Senza andare troppo lontano da noi, c’è anche il significativo esempio dell’Alta Valle Imagna, e in particolare di Corna Imagna, paese di 900 abitanti, che negli ultimi anni ha saputo far nascere importanti progetti di rilancio del territorio, come il Centro Studi Valle Imagna, la Bibliosteria di Ca’ Berizzi e la Valle dei Cinque Campi. Il Centro Studi Valle Imagna, associazione culturale nata nel 1997 nel nome della difesa ambientale delle aree rurali e delle popolazioni montane, promuove ricerche, studi, convegni ed eventi e ha portato alla creazione della Bibliosteria di Ca’ Berizzi, un curioso mix di cultura e sapori locali, con una ampia biblioteca che ospita un ristorante e alloggi. Ciò ha portato anche alla nascita del progetto della Valle dei Cinque Campi, su iniziativa dei comuni dell’Alta Valle, per creare insieme progetti di promozione turistica tramite il recupero e la valorizzazione degli appartamenti sfitti in valle, oltre a progetti di promozione agricola.

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Il turismo esperienziale come leva per far rinascere i piccoli borghi

Il turismo attuale – un tipo di turismo esperienziale centrato sull’offrire qualcosa di autentico e reale, che arricchisce e appaga, lontano dal concetto classico di vacanza – sembra essere diventato un prezioso alleato nella battaglia contro lo spopolamento dei piccoli borghi di montagna.

Le attuali richieste da pare dei turisti di esperienze reali e legate al territorio che permettano di vivere emozioni  a tutto tondo, si sposano benissimo con la realtà dei piccoli borghi: un piccolo borgo disabitato può diventare un ristorante o un albergo diffuso, un’azienda agricola può essere l’occasione di far scoprire ai visitatori la vita a contatto con la natura e gli animali, così come il cibo tradizionale del territorio, da riscoprire e gustare andando a ripescare vecchie ricette ormai abbandonate.

La spinosa questione dello spopolamento di piccoli borghi di montagna potrebbe inoltre  entrare in gioco nelle dinamiche legate al sempre crescente overtourism, con grandi centri turistici ormai congestionati e danneggiati da una mole di turismo numericamente opprimente: si tratterebbe di spostare parte dei flussi dalle mete congestionate ai piccoli centri, che anche se meno noti e meno frequentati, hanno comunque un grande appeal  sui turisti.

Siamo solo all’inizio e resta ancora molto da fare; ma il futuro potrebbe essere roseo se vengono messi in campo logiche ben ponderate e progetti per valorizzare le risorse territoriali.

Questo articolo è stato realizzato da Turismo & Innovazione.

Copywriting: Claudia Moreschi
Coordinamento editoriale: Alessandro De Ponti

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