Perché il Destination Manager è una figura importante per le destinazioni turistiche

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L’Italia, un paese dalle enormi potenzialità turistiche ancora inespresse.

Il nostro paese offre un immenso patrimonio naturale e culturale, dalle città d’arte ai borghi storici, dalle migliaia di km di coste fino alle innumerevoli destinazioni montane ed è grazie a questa offerta molto articolata, che l’Italia si posiziona ai primi posti nelle classifiche dei paesi più visitati al mondo. Ma, a fronte di questo immenso patrimonio, fino ad oggi non c’è stata una corrispondenza in azioni di pianificazione a lungo termine e in investimenti da parte del pubblico, in grado di valorizzare le attrattive e la capacità di accoglienza del territorio e degli operatori.

La figura del Destination Manager.

É da una decina d’anni, che gli esperti di turismo caldeggiano l’opportunità di affidarsi a figure professionali per la valorizzazione e la promozione turistica delle destinazioni. In quegli anni, iniziava a farsi strada la figura del “Destination Manager” una nuova figura innovativa, nata proprio per far fronte alle sempre crescenti richieste delle destinazioni di esperti nella gestione delle politiche turistiche territoriali, una figura ancora più importante in un paese come l’Italia che, a fronte di un enorme patrimonio culturale, artistico e naturale, presenta un sistema turistico molto frammentato che non è ancora in grado di avere un coordinamento efficace tra politiche nazionali, regionali e locali ed una strategia condivisa tra operatori pubblici e privati.

Il Destination Manager è in grado di gestire e organizzare i territori, pianificare strategie di comunicazione e di marketing, creare un prodotto turistico integrato in linea con le richiesta del mercato e rilanciare l’incoming.

Il Destination Manager ha competenze soprattutto in ambito organizzativo, affiancate da competenze tecnologiche e competenze nei settori comunicazione e marketing, qualifiche oggi fondamentali in un settore strettamente legato all’uso di internet e dei media digitali. Il DM in primo luogo è in grado di analizzare e valutare le condizioni e lo stato del sistema turistico esistente con le sue attrattività e il mercato a cui arriva; in base a queste valutazioni, si occupa di definire delle strategie, di gestire i budget, allocandoli nel modo più efficace, di costruire un’offerta segmentata ed esperienziale basata sui prodotti turistici che talvolta costruisce egli stesso. Un punto chiave dell’attività del Destination Manager è il coinvolgimento degli operatori del settore, degli enti pubblici e delle associazioni del territorio, cercando di far convergere interessi comuni in un progetto unico di valorizzazione e promozione della destinazione. Obiettivo finale del Destination Manager è quello di coordinare e mettere a frutto l’operato delle figure e degli enti che vengono coinvolti nel progetto di promozione e comunicazione turistica.

Il valore dei piccoli territori.

Un paese come l’Italia, composto da tante piccole realtà molto diversificate tra loro e ricchissime di peculiarità ed eccellenze uniche, avrebbe davvero bisogno di una figura di coordinamento che possa risollevare il destino dei territori locali e regionali, puntando sul binomio turismo e sviluppo sostenibile del territorio, con l’obiettivo di mitigare i fenomeni di overtourism sulle destinazioni di primo livello, a favore delle destinazioni di secondo livello.

Il turismo, oltre ad avere un peso rilevante sull’economia nazionale, costituisce una grande opportunità di sviluppo per le economie locali, proprio grazie al fatto che i piccoli territori possono dare un contributo rilevante alla segmentazione dell’offerta turistica.

Purtroppo ancora oggi, la figura professionale del “Destination Manager” è ampiamente sotto utilizzata, per ragioni legate sostanzialmente alla carenza di fondi ed alla mancanza di una vera governance. L’assenza di strategie integrate, di strumenti e risorse adeguate, ha creato negli anni tensioni e attriti tra pubblico e privato che, ha visto sempre meno una visione e una pianificazione a lungo termine sulle politiche di sviluppo del settore turistico, con danni non solo per lo sviluppo del territorio ma anche per gli operatori stessi.

In Italia l’opportunità di puntare sul turismo è rimasta solo uno slogan pubblicitario.

In Italia, i sistemi turistici chiedono certezze alla pubblica amministrazione, ovvero una pianificazione ben chiara entro cui potersi muovere con stabilità, competenze e strumenti adeguati agli attuali standard, chiedono di essere messi nelle condizioni di poter competere con le nuove tendenze del mercato globale che è in continua evoluzione; questo, a ragion veduta del fatto che in base alle rilevazioni statistiche, il settore turistico italiano ha un peso non indifferente sull’equilibrio del sistema economico dell’intero paese.

Gli osservatori nazionali forniscono dati dai quali si evince come la spesa turistica in Italia, genera una quota importante del prodotto interno lordo.

Secondo l’Istituto di Statistica, l’Italia è in grado di generare un fatturato di 25,6 miliardi di euro, con circa 283 mila addetti occupati in più di 50mila imprese, in base all’analisi dei dati del 2017; stiamo parlando del 6% del PIL nazionale che considerando anche l’indotto arriva a percentuali tra 10% e 13%, che in alcune regioni come ad esempio il Trentino Alto Adige vengono raddoppiate. Parlando di occupazione inoltre, il settore rappresenta oltre 6% degli occupati di tutto il paese, un peso economico paragonabile ai dati della Spagna e addirittura superiore ai dati di Francia e Germania.

Per completezza di informazione, dobbiamo anche evidenziare un altro dato molto importante, infatti, in base al rapporto dell’UNWTO (United Nations World Tourism Organisation) l’Italia cresce meno dei competitor mondiali nel settore turistico, ciò nonostante sia la quinta destinazione mondiale quanto ad arrivi internazionali, dal punto di vista della redditività del comparto siamo scesi al settimo posto dietro a Gran Bretagna.

Se è pur vero che l’Italia è a tutti gli effetti “una superpotenza turistico culturale”, è altrettanto vero che esistono evidenti difficoltà rispetto ai principali competitors. Ciò è dovuto al fatto che il nostro paese presenta delle carenze piuttosto importanti a livello di “business environment” vale a dire rispetto alle condizioni ambientali in cui si trovano ad operare gli imprenditori, per questo motivo, siamo oltre il centesimo posto a livello mondiale.

In Italia servono maggiori investimenti sui territori per lo sviluppo del turismo.

Il turismo in Italia non ha l’attenzione che merita, attenzione che sarebbe ampiamente giustificata dai dati reali e che dovrebbe essere molto specifica; fino ad oggi, le politiche nazionali per il turismo non sono stato affatto incisive, al contrario di quanto avviene negli altri Paesi Europei. A livello nazionale è stato addirittura eliminato il ministero del Turismo, per poi essere reintrodotto, ma solo come competenza all’interno di altri dicasteri. Già questo delinea l’importanza che si è data a questo settore strategico per l’Italia.

Alcune azioni forti sono state fatte a livello regionale, per qualificare e promuovere i sistemi turistici, si tratta però di politiche molto diversificate tra loro in cui si possono ritrovare punti di eccellenza ma anche forti lacune.

È arrivato il momento in cui sia riconosciuta al turismo l’importante centralità strategica che ricopre, nelle politiche economiche e di sviluppo nazionale.

Occorre essere consapevoli, di quanto questo settore sia stato in grado di resistere, negli ultimi anni, alle avversità della crisi economica complessiva e della capacità di reinventarsi ed adattarsi ogni volta alle esigenze del momento. La necessità di investire in questo settore, risulta quanto mai opportuna, per l’enorme sensibilità del comparto stesso al contesto economico esterno, poiché si tratta di un settore naturalmente internazionalizzato.

Investire nel turismo significa investire sulla capacità di tutto il paese di essere competitivo a livello internazionale, di attrarre turisti da tutto il mondo, rafforzando così, l’intero sistema economico nazionale.

Non dimentichiamoci infatti che le ricadute non si fermano agli acquisti di beni non strettamente legati ai servizi di accoglienza, ma si possono spingere agli investimenti immobiliari e all’apertura di nuove attività imprenditoriali.

Nello scenario attuale, appare quindi sempre più evidente ed urgente pianificare ed attuare una riforma complessiva delle politiche turistiche.

E’ fondamentale rilanciare una partnership tra pubblico e privato, in cui il pubblico metta in atto quelle politiche di contesto che consentano alla nostra offerta turistica di essere competitiva e l’imprenditoria del settore turistico sia in grado di fare rete ed abbia la capacità di innovare ed accogliere nuove sfide, senza fermarsi di fronte a logiche di rendita, bensì cercando di valorizzare al massimo le tradizioni di cui il nostro bel paese è ricco e che sono tanto apprezzate e ricercate dal mondo intero.

E’ indispensabile il coinvolgimento di tutti gli attori attivi sui territori, perché da questo dipende la possibilità di avviare una riqualificazione complessiva dell’offerta turistica, con strategie ed obiettivi condivisi, attraverso i quali è possibile puntare alla promozione e alla valorizzazione della destinazione.

E’ altresì necessario che le politiche pubbliche, sia nazionali che locali, abbandonino definitivamente fallimentari iniziative frammentate e fini a sé stesse, fuori da un disegno globale, definendo una strategia solida da perseguire, ciò per rispondere ai cambiamenti ed alle novità che caratterizzano il mercato turistico internazionale e per tenere in considerazione le esigenze degli operatori e delle imprese che lavorano in questo settore e che sono il nostro biglietto da visita e l’indice della nostra capacità di accoglienza nei confronti di chi, ogni giorno visita il nostro territorio.

Coordinamento editoriale: Alessandro De Ponti
Copywriting: Stefania Sebino

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